BOLDRINI, FEDELI, PITTELLA, LAUS, D'ARIENZO, BITI, ASTORRE, STEFANO, MESSINA Assuntela, IORI, ROSSOMANDO, ALFIERI, D'ALFONSO, MANCA, GIACOBBE, FERRAZZI, CIRINNA', ROJC, TARICCO - Al Ministro della salute
Premesso che:
l'endometriosi è una malattia femminile a carattere cronico potenzialmente molto invalidante che affligge 3 milioni di donne in Italia. In Italia sono affette da endometriosi il 10-15 per cento delle donne in età riproduttiva; la patologia interessa circa il 30-50 per cento delle donne infertili o che hanno difficolta a concepire. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d'età più basse;
la diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche per la donna. Riguardo alle cause, una delle ipotesi accreditate è il passaggio, causato dalle contrazioni uterine che avvengono durante la mestruazione, di frammenti di endometrio dall'utero nelle tube e da queste in addome, con impianto sul peritoneo e sulla superficie degli organi pelvici, raramente su fegato, diaframma, pleura e polmone;
le donne che soffrono di endometriosi riferiscono dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali, dolore alla minzione e alla defecazione, a volte accompagnato dalla comparsa di sangue nelle urine o nelle feci. Il dolore può essere cronico e persistente, ma generalmente i sintomi si aggravano durante il periodo mestruale. Alcune donne lamentano astenia e lieve ipertermia, che può accentuarsi in periodo mestruale, e fenomeni depressivi;
l'endometriosi è causa di sub-fertilità o infertilità (30-40 per cento dei casi) e l'impatto della malattia è alto ed è connesso alla riduzione della qualità della vita e ai costi diretti e indiretti. Una limitata consapevolezza della patologia è causa del grave ritardo diagnostico, valutato intorno ai 7 anni;
una pronta diagnosi e un trattamento tempestivo possono migliorare la qualità di vita e prevenire l'infertilità. I medici di medicina generale e i ginecologi operanti sul territorio sono le figure strategiche per una pronta diagnosi e un trattamento in grado di migliorare la qualità di vita e prevenire l'infertilità;
il 12 maggio 2017 il Governo ha approvato un decreto che prevede l'inserimento dell'endometriosi nell'elenco A2, cioè nei registri di patologia di rilevanza nazionale e regionale che hanno la funzione di raccolta dati per conoscere finalmente la reale incidenza e prevalenza della malattia. Ma non in tutte le Regioni detti registri sono attivi e funzionanti;
è importante prevedere campagne di informazione e sensibilizzazione ma anche specifica formazione del personale sanitario e di ricerca, perché la capacità di diagnosticare e trattare l'endometriosi è strettamente correlata alla conoscenza che il personale medico, il ginecologo, ha della malattia;
il nostro Paese vede nei propri centri pubblici specializzati alcuni tra i maggiori esperti in endometriosi a livello globale: valorizzare e mettere in rete queste risorse tramite percorsi standardizzati di diagnosi e terapia, oltre che di ricerca, consentirebbe di realizzare percorsi assistenziali senza precedenti promuovendo una salute pubblica equa e sensibile;
è da menzionare la best practice della Regione Emilia-Romagna che ha strutturato i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) per l'endometriosi, con una modalità che non solo prevede la messa in rete di ospedali e consultori con i centri specializzati di riferimento, ma garantisce anche una formazione sull'endometriosi periodica e sistematica che implementa la ricerca e promuove l'esperienza dei centri pubblici specializzati di riferimento;
l'endometriosi è inserita nell'elenco delle patologie croniche e invalidanti, negli stadi clinici più avanzati ("moderato o III grado" e "grave o IV grado") riconoscendo a queste pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo. Tuttavia le prestazioni garantite sono secondarie, ed escludono gli stadi iniziali della malattia precludendo ancora una volta la possibilità di effettuare una diagnosi precoce;
inoltre la scarsa aderenza è la principale causa di inefficacia delle terapie che si traduce in un aumento di interventi assistenziali sanitari con danni per le pazienti, per il SSN e per la società (2.773 euro per paziente, complessivamente 54.139.000 di euro). Il riferimento è a sprechi diagnostici, ricoveri forzati dovuti al ritardo diagnostico e quindi alla progressione della malattia; lascio così
è all'esame della 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato, dall'11 giugno 2019, il disegno di legge AS 888 recante "Disposizioni per la diagnosi e la cura dell'endometriosi";
nella Regione Lazio, proprio in questi giorni, è stata depositata una proposta di legge che mira essenzialmente alla prevenzione e alla diagnosi precoce e a migliorare le tecniche di ricerca e di cura della malattia attraverso l'uso di tecnologie innovative, in primis realizzando il registro regionale elettronico dell'endometriosi che possa far convergere i dati in un'unica piattaforma implementando così la raccolta e l'analisi dei dati;
l'articolo 1, comma 469, della legge del 27 dicembre 2019, n. 160, autorizza lo stanziamento di 2 milioni per ciascun anno del biennio 2020-2021 per lo studio, la ricerca e la valutazione dell'incidenza dell'endometriosi e con decreto del Ministero della salute, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore, si stabiliscono i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse di dette risorse. Si apprende da notizie di stampa che il decreto ministeriale sia stato firmato e pertanto si è in attesa di capire come verranno ripartiti i fondi e verso quali centri di riferimento;
a causa della pandemia da COVID 19, le pazienti affette da endometriosi, così come quelle affette da tante altre patologie, non hanno potuto ricevere la giusta assistenza: si tratta di malate croniche prive di tutele economiche e lavorative che stanno pertanto pagando le conseguenze della pandemia attraverso lunghe liste d'attesa, visite e spese mediche a proprio carico, aggravate da problemi economici e lavorativi,
si chiede di sapere:
quali siano stati i criteri e le modalità individuate per la ripartizione delle risorse già stanziate e se sia anche prevista un'attività di monitoraggio ex post delle attività messe in atto dai centri di riferimento;
se il Ministro in indirizzo non reputi doveroso, intervenire affinché sia effettuata una mirata attività basata su prevenzione, diagnosi precoce e cura della malattia, anche in un'ottica di risparmio e di sostenibilità del sistema sanitario, alla luce degli elevati costi diretti e indiretti di questa patologia ed anche in virtù della presenza di registri di patologia su tutto il territorio nazionale che potrebbero dare un supporto in tal senso.
MAGORNO - Al Ministro della salute
è notizia di questi giorni la chiusura del reparto di anestesia e rianimazione dell'ospedale "Nicola Giannettasio" di Corigliano-Rossano (Cosenza), disposta per carenza di personale;
negli scorsi giorni, un cittadino del territorio ionico, intubato, è stato trasferito nel presidio "Ferrari" di Castrovillari proprio per mancanza di assistenza rianimatoria al Giannettasio;
la terapia intensiva dell'ospedale di Corigliano-Rossano è l'unica sulla costa da Crotone a Policoro ed è una delle quattro in Calabria, insieme a Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza, dedicate all'emergenza COVID-19;
la chiusura del reparto è stata disposta per carenza di personale, un problema ormai atavico, che si è acuito negli ultimi anni;
la carenza nella dotazione organica, peraltro, è destinata a peggiorare da giugno, quando l'attuale direttore dell'unità operativa complessa di anestesia e rianimazione facente funzioni, Giuseppe Angelo Vulcano, avvierà la procedura di pensionamento;
in tutto, ad oggi, gli anestesisti rianimatori in servizio allo spoke Giannettasio sono solamente 10 (7 a Rossano e 3 a Corigliano) e devono garantire, oltre alla gestione dei posti letto di terapia intensiva e subintensiva COVID, i turni di guardia e la reperibilità, anche l'attività chirurgica urgente;
la carenza di organico si scontra con il fabbisogno reale, secondo cui occorrerebbero almeno 20 unità;
da quanto riferisce il direttore Vulcano, gli anestesisti rianimatori dello spoke avevano inviato una lettera all'azienda sanitaria provinciale di Cosenza e alla direzione sanitaria dello stesso Giannettasio, evidenziando le criticità della struttura e la necessità di un intervento celere, senza tuttavia ottenere risposta;
considerato che:
l'interruzione del servizio di rianimazione rischia di avere ripercussioni negative sotto molteplici punti di vista;
il servizio di rianimazione, infatti, è un reparto funzionale a tutti gli interventi chirurgici;
tale chiusura, poi, avrà anche l'effetto di comportare il declassamento dell'ospedale di Corigliano-Rossano da spoke a ospedale di base, in quanto senza il reparto di rianimazione un ospedale è da considerarsi "di base";
questa chiusura, peraltro, si inserisce in una fase cruciale della pandemia, in cui, benché i numeri siano incoraggianti, è impensabile immaginare che l'emergenza sanitaria sia conclusa;
considerato altresì che:
l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha fatto emergere in maniera ancora più prepotente tutte le fragilità del sistema sanitario calabrese;
a fronte delle evidenti criticità, si dovrebbe prevedere un ampliamento dei servizi messi a disposizione dei cittadini, i quali, invece, si ritrovano a dover subire la permanenza di gravi carenze mai colmate negli anni;
è necessario trovare soluzioni e altri orizzonti, che non siano chiusure di reparti strategici, per potenziare e rafforzare un sistema sanitario debole, partendo proprio dalla prossimità territoriale e dalle reti di presidi ospedalieri distribuiti in tutta la provincia,
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti;
se non reputi opportuno assumere i necessari contatti con le autorità sanitarie e le istituzioni locali per disporre provvedimenti urgenti, nonché per ristabilire il reparto di rianimazione dell'ospedale di Corigliano-Rossano, evitandone altresì il declassamento a ospedale di base;
se, più in generale, non ritenga necessario e non più differibile riconsiderare l'intera situazione sanitaria calabrese, nel cui ambito i servizi destinati alla fascia ionica cosentina ormai necessitano di un urgente riequilibrio.